Il Cuoppo e la pizza fritta
Napoli, città di mare, di sole, di pizza e spaghetti, di Pulcinella e di mandolino.
In tutto il mondo la sua immagine viene identificata con queste icone che si uniscono al suo panorama visto da via Orazio con il pino secolare in primo piano e il Castel dell’Ovo in lontananza circondato dal mare.
Oggi vogliamo farvi conoscere un’altra faccia di questa città bella e dannata, dove le sue mancanze, grazie all’ “arte di arrangiarsi” nata dalle difficoltà e necessità, sono diventate cultura e si sono radicate nella tradizione napoletana.
La cucina napoletana é un perfetto mix di tradizione nobile e popolare. Nel periodo in cui a corte arrivavano i Monsú a portare l’impronta francese e spagnola nei piatti, per le strade si sviluppava un’altra cucina fatta di ingredienti semplici ed economici in grado di sfamare anche chi “non aveva neanche gli occhi per piangere”.
Da sempre Napoli ha una vera e propria cultura del cibo di strada, una vocazione nata per necessità nel ‘700, quando quasi nessuno aveva la cucina in casa e quindi le persone mangiavano per strada quello che veniva preparato dagli ambulanti.
Venite con noi nei vicoli, nelle traverse di Via Toledo o al centro storico tra la gente. Mentre i nobili signori passeggiano e fanno lo struscio per le vie principali, nei vicoli e nelle stradine del centro storico la gente è chiassosa, non risparmia un consiglio e un sorriso al turista estasiato. I bassi con le donne affaccendate, i panni stesi con i fili che vanno da un palazzo all’altro, un’aria di allegria e leggerezza e un profumino inebriante…
Donn’ Amalia ‘a Speranzella,
quanno frie paste crisciute,
mena ll’ oro ‘inta tiella,
donn’ Amalia ‘a Speranzella.
Che bellezza chillu naso
ncriccatiello e appuntutiello,
chella vocca ‘e bammeniello,
e chill’ uocchie, e chella faccia
mmieze tìttole e ‘a vurraccia!
Pe sta femmena cianciosa
io farrìa qualunque cosa!…
Piscetiello addeventasse,
dinto sciore m’ avutasse,
m’afferrasse sta manella,
mme menasse ‘inta tiella
donn’ Amalia ‘a speranzella!
SALVATORE DI GIACOMO
(Trad. “Donna Amalia alla Speranzella (quartiere di Napoli) quando frigge le paste cresciute, butta l’olio nella padella, Donna Amalia alla Speranzella. Che bellezza quel naso arricciato e appuntito, quella bocca da bambina e quegli occhi e quella faccia, in mezzo alle Tittole e alla Borraccia. Per questa donna cianciosa io farei qualsiasi cosa! Diventerei pescetto, mi rotolerei nella farina, afferrerei questa manina e mi butterei nella padella, Donna Amalia alla Speranzella”).
Una delle figure ambulanti più frequenti era proprio quella del friggitore, che si aggirava nei quartieri popolari urlando “Fritti nella tiella!!!” e friggeva davanti agli acquirenti velocemente offrendo sempre prodotti bollenti. Proprio da questa figura è nato un modo di dire napoletano che si usa quando si vuole ottenere una cosa molto velocemente: si dice fai una cosa “frijenno e magnanno” per indicare che la si vuole presto presto.
Passeggiando per le vie di Napoli incrociamo spesso delle piccole botteghe con una vetrinetta all’esterno dalla quale proviene un profumino invitate. Zeppole e panzarotti, palline di riso, melanzane indorate e fritte, scagliuozzi di polenta vengono messi caldi caldi in queste vetrine e i passanti possono scegliere di quanti pezzi venga composto il loro CUOPPO.
Il Cuoppo è, letteralmente, un involucro di carta paglia che viene arrotolato a forma di cono per contenere i fritti da mangiare per strada. A Napoli il Cuoppo, o cuoppetiello se più piccolo, non è un semplice involucro ma è lo scrigno che da secoli accompagna le fritturine napoletane “inzivate” (unte) al punto giusto da creare da macchiare la carta del cuoppo.
La tradizione del Cuoppo è molto antica e ha radici nella cucina popolare, quella che veniva creata e gestita interamente all’aperto o sull’uscio del proprio basso.
Nell’Ottocento il popolo si cibava quasi esclusivamente così. Storicamente, come ci spiega Emanuele Rocco in “Usi e costumi di Napoli”, il friggitore veniva denominato “zeppolaiuolo” poiché sotto il nome di zeppole venivano definiti tutti i vari tipi di fritti. Chi non ricorda la meravigliosa Sofia Loren nel celebre film “L’Oro di Napoli” che frigge e dispensa pizze a chi le chiede segnando il nome per il pagamento a otto giorni!
Il legame tra il cibo napoletano e le donne, belle o brutte che siano, è sempre molto forte. Per “cuoppo” si intende anche una donna brutta a cui ci si riferisce con il detto “E’ propr’ nu cuopp”. Sempre per una donna Totò, per esempio, in “Totò a Parigi” (1958) è disposto a trasformarsi in cuoppo, cantando…
“…Miss mia cara Miss nu cuoppo allesse io divento per te
Miss, mia dolce Miss, scaveme a fossa ca io moro per te..”
Le friggitorie antiche, un po’ come quelle storiche ancora attive in città, erano dei luoghi molto spartani e semplici anche quando pian piano hanno iniziato a non essere più all’aperto ma a trasformarsi in piccole botteghe.
Troneggia la vetrina chiusa con uno sportellino per non far raffreddare i fritti solitamente gestita dal proprietario della friggitoria o dalla moglie. In seconda linea, nella posizione più importante, il friggitore o la friggitora che frigge in una grande pentola piena di olio bollente e trasferisce le fritture nel classico cola fritto napoletano. La friggitoria è quasi sempre in fermento, l’olio sempre bollente sul fuoco, la pastella sempre pronta per essere fritta e il bancone si svuota e si riempie continuamente.
Un tempo con un soldo prendevi 3 o 4 pezzi, quando noi eravamo bambini ci facevamo preparare mille lire per un po’ di “robba amiscata” per intendere almeno un pezzo di ogni componente del cuoppo. Oggi sono rincarati un po’ anche i fritti, ma restano comunque uno degli street food più economici in assoluto.
Esistono più di una tipologia di cuoppo: ultimamente stanno aprendo tante botteghe tipiche in centro, dette Cuopperie, e alcune ripropongono il cuoppo anche nella versione di pesce con il pescato del giorno, la “paranza”, o di sole alici fritte. Se ad un napoletano, però, chiedi del cuoppo, difficilmente ti citerà quello di pesce perché la frittura di pesce per noi va mangiata con il limone e accompagnata da un sorsetto di vino fresco, e quindi preferiamo mangiarla al tavolo. Per i Napoletani il Cuoppo è quello. Qualcuno ci dirà che di fatto esiste anche quello di pesce, ma la vecchia tradizione di strada, quella della gente che “mangiava oggi e pagava ad otto” prevede quello che vi sto per elencare… perdonateci… ”siamo capa tosta!”.
Il fritto napoletano, quello che finisce nel cuoppo e poi tra le mani di turisti, è composto da palline di riso, panzarotti, paste cresciute o “zeppole”, melanzana indorata e fritta, scagliozzi di polenta.
Tutti questi elementi, oramai divenuti famosi, hanno origini povere e spesso nascono dal riciclo di alcuni prodotti o dall’utilizzo dei pochi ingredienti semplici ed economici a disposizione.
Partiamo da Zeppole e Panzarotti. Li citiamo insieme perché sono un corpo e un’anima. L’uno viene associato all’altro. La Zeppola, anche definita “pastacrisciuta” o “aria fritta”, è un impasto di acqua, farina e lievito. Si mangia bollente con il sale messo sopra dopo che è stato fritto. Alla zeppola si fa riferimento quando si parla del difetto di pronuncia che riguarda la lettera esse e la lettera zeta proprio perché queste persone parlano come se avessero, appunto, “una zeppola in bocca”, caldissima.
Il Panzarotto è il compagno della Zeppola… attenzione a non confonderlo con il Crocchè che è grande, impanato e ripieno. Il Panzarotto è piccolo, fatto senza uova e senza impanatura, con la patata rigorosamente schiacciata con la forchetta.
La Pallina di riso è la versione in miniatura ma non ripiena della sua parente siciliana. E’ per lo più in bianco e non è farcita di mozzarella come “a pall’ e riso” da asporto, molto più grande e ripiena.
La Melanzana indorata e fritta, è un’altra protagonista del cuoppo. A differenza della altre preparazioni con melanzane, qui la fetta è tagliata rotonda e non in lungo e viene fritta dopo essere stata passata in una pastella leggera.
Ultimo ma non per fama, lo Scagliozzo di Polenta. Ha origini molto antiche rintracciabili nella cucina povera ed è l’unico modo in cui a Napoli, oggi, si mangia la polenta. In origine veniva preparata dalla polenta avanzata che si induriva seccandosi e veniva fritta dopo essere stata tagliata grossolanamente.
Questi sono gli elementi fondamentali di un cuoppo, quelli che troverete in tutte le friggitorie. La polenta qualche volta scompare nei mesi estivi per poi ricomparire più saporita che mai. Ci sono poi delle varianti stagionali. La zeppola, nei periodi di fioritura, viene riempita di “ciurilli” (fiori di zucca), a volte di alghe.
Altro baluardo dello street food napoletano è la pizza fritta che, per tradizione può essere farcita con ricotta e cicoli oppure con ricotta e salame, rigorosamente napoletano.
Paste cresciute (ricetta da J.C. Francesconi)
per circa 30 paste cresciute utilizzando il cucchiaio (le cucchiaiate) come unità di misura per ogni quantità di impasto colata in olio bollente.
INGREDIENTI
600 grammi di farina tipo 00
15 grammi di lievito di birra fresco
acqua tiepida q.b. per ottenere un impasto molto idratato poso più denso di una pastella
10 grammi di sale fino
Olio di semi abbondante per frittura per immersione
In aggiunta:
300 grammi di fiori di zucca peso netto privato di gambi e pistillo per la versione con “ciurilli”
(3 vaschette di fiori di zucca bio)
PROCEDIMENTO
Sciogliere il lievito di birra in un bicchiere di acqua tiepida e aggiungerlo alla farina precedentemente setacciata in una ciotola e iniziare ad impastare.
Aggiungere il sale e tanta acqua quanti basta per ottenere un impasto di consistenza poco più densa ed elastica di una pastella per crepes o frittura.
Coprire la ciotola con pellicola alimentare trasparente e lasciar lievitare lontano da correnti d’aria per almeno un paio di ore. L’impasto cresce fino al raddoppio ma la caratteristica specifica è la formazione di bollicine multiple di idratazione su tutta la superficie dell’impasto.
In una pentola adatta alla frittura per immersione portare a temperatura (172°C) l’olio di semi e friggere le zeppoline a cucchiaiate nella misura di 3 per volta, per 3 minuti circa.
Scolare su carta assorbente, carta paglia o nel tipico cola fritti delle friggitorie napoletane e servire ancora caldissime.
Scagliozzi di Polenta
INGREDIENTI
Polenta istantanea o Panetto di polenta
Farina di Mais
Pangrattato
Olio di Semi per friggere
PROCEDIMENTO
Se avete a disposizione un panetto di polenta già pronto tagliarla prima in fette spesse 1 cm e poi in triangoli (la forma classica oltre al rettangolo), passarli in un misto di parti uguali di farina di mais e pangrattato e cuocerli per immersione in olio di semi bollente (172°C).
Se avete optato per la polenta istantanea, seguire le istruzioni riportate sulla confezione e farla raffreddare prima di tagliarla in triangoli e friggerla come indicato sopra.
Panzarotti (crocchè di patate)
INGREDIENTI
(per circa 20 pezzi)
5 patate vecchie di media grandezza
1 cucchiaio di fiocchi di patate
prezzemolo
sale & pepe nero
1 cucchiaio di Parmigiano
Olio di Semi per friggere
Lessare le patate in abbondante acqua salata, farle raffreddare completamente, schiacciarle con i rebbi di una forchetta per ridurle in purea, aggiungere sale, pepe, prezzemolo abbondante tritato finissimo, parmigiano e fiocchi di patate e creare la forma dei piccoli crocchè.
Lasciarli riposare in frigorifero almeno un giorno e friggerli per immersione in abbondante olio di semi a 172°C per 3 minuti e sgocciolarli su carta assorbente. Servire caldi.
Palle di Riso
(delle dimensioni delle palline da ping pong)
INGREDIENTI
(per circa 20 pezzi)
400 grammi di risotto avanzato o cucinato ex novo
1 uovo intero
Parmigiano reggiano grattugiato
Prezzemolo (facoltativo)
Sale e Pepe nero
Pangrattato, Farina e 1 uovo sbattuto per la panatura
Olio di Semi per friggere
PROCEDIMENTO
Impastare il risotto avanzato lasciato raffreddare completamente con un uovo intero (tuorlo ed albume), parmigiano reggiano grattugiato, pepe nero di mulinello e sale.
Formare delle palline grandi quanto quella da ping pong e lasciar riposare in frigorifero 30 Preparare l’ impanatura passando le palline prima nella farina, poi nell’uovo sbattuto e per ultimo nel pangrattato e friggere in abbondante olio di semi a 172°C.
Scolare su carta assorbente e servire calde.
PIZZA FRITTA CON RICOTTA E CICOLI
(ricetta di Raffaele Pignataro)
PER IL LIEVITINO
80 grammi di Farina tipo 00
7 grammi di Lievito di Birra
40 grammi di Acqua Tiepida
PER L’IMPASTO
600 grammi di Farina tipo 00
330 grammi di Acqua Tiepida
40 grammi di Olio Evo
20 grammi di Sale
PER IL RIPIENO
Cicoli di maiale
Ricotta Vaccina
Fior di latte
Pepe nero
Sale
LIEVITINO
Per prima cosa tagliare la mozzarella a dadini e metterla a scolare in un colapasta per togliere il liquido in eccesso.
Impastare il lievito di birra insieme alla quantità di acqua e di farina indicata per il lievitino, e mettere a lievitare il composto ottenuto in un posto tiepido, coperto di pellicola alimentare trasparente, fino al raddoppio.
IMPASTO
In una capiente ciotola versare la farina e tutta l’acqua. Impastare velocemente con un cucchiaio fino a quando tutta la farina sarà assorbita e far riposare questa sorta di impasto per 30 minuti.
Trascorsi i 30 minuti aggiungere il lievitino spezzettato ed impastare ancora per un paio di minuti.
Aggiungere quindi il sale e 1-2 cucchiai d’acqua per aiutarne l’assorbimento. Appena il sale è assorbito, aggiungere anche l’olio e continuare ad impastare fino a quando l’impasto non sarà liscio, per circa 10 minuti.
Coprire con un canovaccio umido o pellicola per alimenti e mettere a lievitare fino al raddoppio. Ci potranno volere, a seconda del lievito usato e della temperatura, dalle 4 alle 6 ore.
Sgonfiare l’impasto e dividerlo in tanti pezzi da circa 100-110 g. Prendere ogni singolo pezzo e preparare delle piccole palline, disponendole su una teglia/spianatoia/vassoio infarinati. Coprire le palline con un canovaccio umido per farle lievitare ancora una volta fino al raddoppio. Ci potranno volere, a seconda del lievito usato e della temperatura, dalle 2 alle 4 ore.
RIPIENO, FORMAZIONE DELLE PIZZE E FRITTURA
Nel frattempo preparare il ripieno, mischiando con una forchetta la ricotta, il pepe (secondo il vostro gusto) e il sale (sempre secondo il vostro gusto) e aggiungendo i cicoli di maiale.
Una volta che avrete tutto pronto e i panini saranno lievitati fate scaldare l’olio e, mentre questo va a temperatura, preparare le pizze da friggere.
Prendere una pallina e schiacciarla a cominciare dal centro e, aiutandosi con poca farina, allargarla con le dita senza però schiacciare troppo cercando di mantenere uno spessore uniforme. Versare quindi un cucchiaio della farcia precedentemente preparata, mettere qualche dadino di mozzarella al centro e chiudere l’impasto su se stesso, a forma di mezzaluna.
Sigillare i bordi uniformemente con le dita e friggere in abbondante olio di semi di arachide per immersione fino a doratura La temperatura ottimale dell’olio deve essere 170°C, pertanto è necessario avere un termometro alimentare.
Pizza fritta ricotta e salame
(ricetta della mia famiglia)
Ingredienti per 8 pizze
per l’impasto
450 g di farina di grano tenero W240/260
250 ml di acqua oligominerale
12 g di sale
6 g di lievito di birra
per la farcitura
300 g di ricotta di bufala
150 g di salame napoletano a fettine
pepe nero in grani
100 g di parmigiano grattugiato
sale, un pizzico
Preparate l’impasto. Considerate sempre almeno 3 ore prima rispetto a quando vorrete mangiare le pizze perchè l’impasto dovrà lievitare prima da solo e poi insieme alla ricotta ed al salame, una volta farcito.
Preparate l’impasto mettendo la farina in una planetaria. Misurate l’acqua in un misurino e scioglieteci dentro il lievito. Unite alla farina ed iniziate ad impastare. Quando gli ingredienti vi sembreranno amalgamati aggiungete il sale che avrete sciolto nella restante acqua ed unitelo al resto dell’impasto.
Lavorate a velocità media fino a quando l’impasto risulterà perfettamente liscio e non appiccicoso (circa 15 minuti).
Se preparate l’impasto a mano, vi servirà un pò di forza nelle braccia ma il risultato sarà comunque ottimo. Seguite lo stesso procedimento impastando su un piano di lavoro.
Fate riposare per 2 ore l’impasto coperto con uno strofinaccio pulito. Nel frattempo preparate il ripieno mettendo, in una ciotola, la ricotta ed aggiungendo il sale, il pepe ed il parmiggiano. Amalgamate per bene il tutto. Tagliate il salame a striscette ed incorporatelo alla ricotta continuando a mescolare fino a che sarà ben distribuito.
Trascorse le 2 ore dividete l’impasto in 8 pagnottine uguali.
Stendete le pagnottine di impasto e formate dei dischi alti massimo 1 cm. Farcite metà del disco e chiudete con la restante parte dell’impasto fino a creare delle mezzelune. Sigillate il bordo schiacciando con la punta della forchetta.
Lasciate riposare su un piano, preferibilmente di legno per un’oretta, cospargendo il piano di lavoro con un pò di semola.
Prendete una padella dal bordo alto e di piccolo diametro e riempitela di olio per friggere. Quando l’olio sarà diventato bollente friggete le pizze mettendo nell’olio il lato della pizza che non poggiava sul piano di lavoro.
Friggete per pochi minuti fino a quando il colore della pizza risulterà ben dorato.
Servite calde o fredde, a seconda dei gusti!
Fonti
Emanuele Rocco, “Usi e costumi di Napoli” a cura di De Bourcard
Carola J. Francesconi, “La Cucina Napoletana”
Vesuvio Live
Rita Tersilla, “Cucine di strada. Luoghi e ricette del cibo popolare in Italia”, Edizioni Estemporanee 2014
Raffaele Pignataro
Per alcune foto si ringrazia la “Friggitoria Vomero” dei Fratelli Acunzo e la Friggitoria “La Passione di Sofi”.
Per le foto della pizza fritta con ricotta e cicoli ringrazio la mia amica e collega Valentina De Felice del Blog Profumo di Limoni.
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4 Comments
Il cuoppo: storia di uno street food che pagavi in 8 giorni
28 Gennaio 2021 at 15:40
[…] chiamato “zeppalaiuolo”, perché sotto il nome di zeppole erano genericamente indicati vari tipi di fritti. Ma di che fritture stiamo […]
Il Cuoppo e la pizza fritta | Ricetta ed ingredienti dei Foodblogger italiani
14 Luglio 2017 at 2:27
[…] Creato da lericettediluci !function(d,s,id){var js,fjs=d.getElementsByTagName(s)[0];if(!d.getElementById(id)){js=d.createElement(s);js.id=id;js.src="//platform.twitter.com/widgets.js";fjs.parentNode.insertBefore(js,fjs);}}(document,"script","twitter-wjs"); VAI ALLA RICETTA […]
PATRIZIA
13 Luglio 2017 at 12:48
Cara la mia Lucia, non potevi che essere tu la perfetta ambasciatrice di uno dei simboli del cibo da strada per eccellenza. Mi sono goduta il tuo post con le sue bellissime citazioni (che delizia la poesia sulla Speranzella), la storia di questo cibo meraviglioso, la nostalgia della lontananza perchè è proprio vero che chi arriva a Napoli, piange due volte. Ma la seconda, nel mio caso, è per il desiderio della sua cucina. E del cuoppo, grande ammaliatore vestito di cartapaglia.
Bravissima! Un forte abbraccio.
lericettediluci2015
13 Luglio 2017 at 17:35
Tesoro grazie!!!!!!! io ti aspetto a braccia aperte per un tour gastronomico e tante chiacchiere!!!! 🙂