Torrone dei morti
47….il morto che parla, 90…la paura, 17..la disgrazia…TERNO SECCO PER NAPOLI!!!
Molti di voi avranno sentito parlare, almeno una volta, dei numeri del Lotto e del loro significato legato alla Cabala; alcuni avranno giocato almeno una volta tentando la fortuna. Personalmente, oltre che nei film o nelle commedie teatrali di Eduardo De Filippo o di altri artisti napoletani, ho avuto modo di trovarmi spesso all’interno di piccole scenette di “vita reale” all’interno di Ricevitorie del Lotto o per strada; diciamo che, vivendo a Napoli, nella Cabala ci “bazzico” di tanto in tanto andando a fare la spesa o semplicemente acquistando il biglietto dell’autobus sotto casa prima di andare a lavoro.
Prima di introdurvi all’argomento principale di questo articolo vorrei provare a raccontarvi di questo aspetto della cultura napoletana che è il culto legato alle superstizioni ed al legame intimo con i defunti e con il mondo dell’aldilà.
Se mai vi capiterà di entrare in qualche tabaccheria che è anche ricevitoria del Lotto, a Napoli, è molto probabile che vi imbatterete con una Signora che sta parlando “zitto zitto”, per non farsi sentire dagli altri, con l’addetto alla ricevitoria.
“Giuvinò, statem a sentì. Quella mia mamma stanotte mi è venuta in sogno e mi ha dato tre numeri….che dite??? Facciamo terno secco su Napoli??”.
La Signora in questione, prima di pronunciare ad alta voce i numeri, quelli che sua mamma morta si è preoccupata di darle durante la notte giungendo dall’aldilà solo per questo si guarderà le spalle varie volte per essere certa di non essere ascoltata da nessuno perché i numeri non vanno mai ripetuti ad alta voce, sia per il rischio che qualcun altro si impossessi del tuo sogno; sia perché, qualora nel sogno ci siano anche indizi di un futuro fortunato, secondo la tradizione, non vanno raccontati a nessuno, almeno fino a mezzogiorno, perché altrimenti, quello annunciato nel sogno “non si avvera”.
La Signora comincerà una lunga dissertazione raccontando per filo e per segno quel sogno e cercando, insieme all’addetto alla Ricevitoria, i numeri più adatti a rappresentare i punti salienti del suo sogno.
Sembra davvero una commedia ma il napoletano è così; teatrale nel suo quotidiano e soprattutto con un rapporto molto speciale con i propri defunti. Un proverbio dice che bisogna avere più paura dei vivi che dei morti e il partenopeo interpreta a pieno questo detto. Secondo il credo popolare, infatti, i morti conservano il loro rapporto con i vivi e continuano a proteggerli anche dall’aldilà proprio come se fossero ancora vivi.
Non si tratta sempre e solo di parenti stretti o di amici ma anche delle anime del Purgatorio, le cosiddette “anime purganti” o “anime pezzentelle”. Secondo un’antica e popolare pratica napoletana, in uso per molti secoli, negli ipogei della Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, nell’ ipogeo della Chiesa e nel Cimitero delle Fontanelle venivano seppellite le persone povere o senza famiglia le anime pezzentelle (dal latino pètere, chiedere). Da questo si sviluppò l’usanza di adottare uno di questi teschi e di prendersene cura nella speranza di ricevere favori. Questo rito, del tutto popolare, fu proibito nel 1969 dal cardinale Ursi, ma la fama delle anime pezzentelle è ancora oggi talmente forte da richiamare moltissimi turisti in visita alle “capuzzelle”.
Secondo la tradizione, l’anima “purgante” sceglie il suo “protettore” e gli appare in sogno dando indicazioni precise di dove sono nascosti i suoi resti tra le tantissime ossa accumulate nelle fosse comuni. Al “prescelto” devoto toccherà accudire il cranio in questione, la cosiddetta “capuzzella”. In cambio chiederà qualche grazia. Quando questa Grazia verrà concessa, il vivo costruirà uno “scarabattolo”, una sorta di tabernacolo contenente le reliquie del morto.
Famossissima è la scena della commedia di Eduardo De Filippo “Non ti pago” in cui Mario, dopo aver vinto al lotto, sventola il biglietto vincente dinnanzi all’immagine del padre defunto.
Il culto dei morti, rappresentato in pieno dal popolo stesso, ha radici molto profonde. Nelle Catacombe napoletane, tra cui la famosissima Catacomba di San Gennaro e le meravigliose, anche se meno note, Catacombe di San Gaudioso e di San Severo, sono chiaramente visibili segni del rito del refrigerium, che era il banchetto funebre che si usava preparare sulla tomba del defunto per portare giovamento alla sua anima. Questa usanza, dapprima diffusa nel mondo pagano fu proseguita anche dal Cristianesimo. Nelle Catacombe è possibile vedere immagini che illustrano queste pratiche.
Alcuni ritrovamenti archeologici, inoltre, mostrano l’utilizzo di utensili da mensa, ritrovati sotto forma di frammenti a testimonianza dell’usanza per la quale questi utensili venivano rotti terminato il banchetto poiché, una volta entrati in contatto con i defunti, non potevano più essere utilizzati dai vivi.
Una di queste prelibatezze, conosciuta per lo più solo in Campania, è il Torrone dei morti che viene preparato in occasione della festa di Ognissanti e della Commemorazione dei defunti.
Si tratta di un torrone totalmente diverso da quello classico. Viene chiamato anche “morticiello” in quanto la sua forma ricorda la bara che accoglie il defunto, il cosidetto “tauto”.
Questa bontà viene preparata solo nella settimana dei morti e, a Napoli, difficilmente lo trovate in vendita in periodi diversi. In un’epoca in cui è possibile trovare tutti i dolci in tutti i periodi il Torrone dei Morti resiste!!! Compare in tutte le pasticcerie e bar della città intorno al primo novembre quando tutti i napoletani si recano al cimitero ad onorare i propri cari.
La città si paralizza, le bancarelle dei fiori occupano le strade circostanti con i loro mille fiori e colori e le voci urlanti dei venditori ambulanti invitano ad acquistare i fiori alla propria bancarella. Viene scelto il fiore più bello e, paradossalmente, il clima che si respira è di serenità e festa. Tutto il popolo si reca al cimitero ad onorare i propri defunti e, se non trova neanche un fiore o un cero nella tomba di fianco, ne lascia uno anche lì.
Di ritorno dal cimitero, la maggior parte di persone, si ferma in pasticceria per acquistare una “Fetta di Torrone” scegliendola tra i tantissimi gusti disponibili e gustarla insieme ai propri cari.
Nel Comune di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, nella ricorrenza del primo novembre di Ognissanti, secondo la tradizione, ogni marito, papà e fidanzato regala ai propri amori un torrone personalizzandolo con frasi, dediche, date da ricordare o qualunque frase augurale seguendo un’usanza che si perpetua ormai da più di 150 anni. Da bambina, quando ancora non associavo questo dolce alla ricorrenza dei defunti, aspettavo la Festa dei morti per assaporare il Torrone morbido al cioccolato di cui vado matta. Mio padre ha sempre avuto l’abitudine di acquistarlo e di regalarlo alla mia mamma e noi figli per metterlo in tavola e gustarlo dopo il pranzo. Questa sua abitudine non è legata alla tradizione Stabiese ma al suo “prendersi cura di noi” addolcendo le nostre giornate e rendendole speciali.
L’ingrediente principale è il cioccolato, ingrediente tra i punti amati nella scala dei gusti partenopea, secondo solo alla pizza e al caffè ma solo perché gli altri due prodotti si consumano tutto l’anno mentre il cioccolato no.
Eduardo De Filippo nel dialogo sul balcone con il “Professore” in “Questi fantasmi”,in estasi per l’aroma di un caffè, dice:
“Caspita, chesto è cafè… È ciucculata!”
La cioccolata viene addirittura utilizzata come metro di paragone ad un caffè!!!
Di questo tanto amato cioccolato, prodotto da tantissime e storiche cioccolaterie napoletane è composta la parte esterna del torrone dei morti. Lo stato esterno si presenta liscio, lucido e duro proprio come la bara. La forma tradizionale è quella rettangolare, a ricordo proprio della cassa da morto con la parte superiore squadrata oppure tondeggiante.
Nel tagliarlo si sente la resistenza del coltello su una superficie dura ma, superato lo strato di cioccolato, si incontra la morbidezza della parte interna che è la caratteristica di questa preparazione.
La parte interna è anch’essa formata da cioccolato, nocciole, gianduia, caffè e altri gusti a seconda delle preferenze. L’ingrediente fondamentale per il torrone dei morti è la Crema Alba.
Si tratta di un preparato dolciario a base di latte intero, zucchero e grassi vegetali. L’utilizzo di questa crema permette al Torrone di restare morbido all’interno come vuole la Tradizione. Dal momento che non è facile reperirla in tutte le Regioni, in alternativa, può essere usata anche una crema di gianduia o cioccolato bianco.
Per la ricetta ho fatto moltissime ricerche nei vari libri di cucina napoletana che ho a casa e ho chiesto anche ai pasticcieri della mia zona. Il risultato è stato quello di scoprire che non esiste una ricetta “ufficiale”. Le uniche regole da rispettare sono l’utilizzo di materie prime di qualità e l’inserimento della crema alba, senza la quale non otterremo mai il torrone dei morti tradizionale.
Il Torrone dei morti viene venduto a peso e si trova in tantissimi gusti diversi. Oggi lo producono anche con gusti che io definisco “moderni” ma quelli più tradizionali sono al Gianduia, alla Cassata, al Caffè e al cioccolato bianco.
La conclusione di questo articolo, permettetemi di osare, è che dietro tutto ciò c’è tanto amore e voglia di sentirsi, in occasione di questa festa, vicini ai propri amori, quelli volati in cielo con gli angeli, quelli nascenti e quelli che ci sono vicini ma di cui non bisogna mai smettere di “prendersi cura”.
Ricetta del Torrone dei morti Gianduia e nocciole
Per uno stampo rettangolare di plastica di 22X9 cm (altezza 5 cm)
Per il rivestimento esterno
130 g di cioccolato fondente
Per la farcitura interna
350 g di cioccolato fondente
150 g di crema Alba
250 g di crema di Gianduia
150 g di nocciole intere
Mettete il cioccolato fondente da utilizzare per la parte esterna del torrone in una ciotola e scioglietelo a bagnomaria. Fate sciogliere il cioccolato.
Fate colare metà del cioccolato fuso in uno stampo per torrone tenendo la restante parte sul fuoco a bagnomaria a fuoco bassissimo. Stendete il cioccolato su tutto lo stampo muovendolo stampo con le mani e spargendo il cioccolato su tutti i bordi.
Mettete lo stampo in frigorifero per dieci minuti. Trascorso questo tempo colate la restante parte di cioccolato fondente nello stampo e rimettetelo in frigo per mezz’ora di modo che di indurisca.
In un’altra ciotola sciogliete il cioccolato fondente per il ripieno. Lasciatelo raffreddare per qualche minuto. Aggiungete la pasta di gianduia, la crema alba e le nocciole intere e mescolate per bene fino ad aver amalgamato tutti gli ingredienti.
Versate il tutto nello stampo. Trasferite il tutto in frigo per almeno 4 ore per compattare e solidificare la farcitura.
Togliete il torrone dal frigo e capovolgetelo su un vassoio. Praticando una leggera pressione sullo stampo e lasciandolo all’aria per qualche minuto, il torrone si staccherà facilmente dai bordi.
Per le foto della Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio si ringrazia Francesco Carignani di Novoli
Se provate questa ricetta inviatemi un messaggio in direct sulla mia pagina Instagram e taggatemi nelle story…sarò felice di condividervi nel mio album in evidenza “Rifatte da Voi”
Bibliografia:
http://storienapoli.it/il-culto-dei-morti-a-napoli/
http://www.vesuviolive.it/cultura-napoletana/45035-cimitero-delle-fontanelle-ed-culto-delle-anime-pezzentelle/
Santità e tradizione: itinerari antropologico-religiosi in Campania, a cura di Luigi M. Lombardi Satriani, Edito da Universale Meltemi
http://www.vesuviolive.it/cultura-napoletana/25432-se-superstizione-travalica-fede-culto-dei-morti-napoli/
http://www.lucianopignataro.it/a/il-torrone-dei-morti/95908/
http://www.ecampania.it/napoli/food/lamore-ai-tempi-torrone
http://www.ilgazzettinovesuviano.com/2010/11/02/castellammare-il-torroncino-della-tradizione/
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/lecce/notizie/a_tavola/2010/8-novembre-2010/cioccolato-eduardo-berlusconi-dolce-filosofia-napolitaine–1804121516588.shtml
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